Quali siano i cosiddetti “fattori terapeutici” in una psicoterapia è argomento ampiamente dibattutto.
Secondo il modello teorico e clinico psicoanalitico, per come si è venuto costruendo nel tempo, la
psicoterapia funziona per diversi motivi. Intanto, perché porta alla luce ricordi, pensieri,
emozioni inconsci, rimossi, che sono alla base di sintomi, disagio e sofferenza (vedi anche Cosa si intende con
“inconscio”? ) e questo è già di per sé terapeutico. Poi, perché la consapevolezza di tali
pensieri aiuta in un percorso di conoscenza di sé utile a osservarsi, capirsi e magari agire
diversamente dal solito nella vita di tutti i giorni. Inoltre, conoscere, capire, riflettere – in
maniera sistematica e continuativa – comporta un processo di elaborazione mentale dei propri
pensieri e vissuti: non si tratta di una conoscenza intellettuale un po' astratta, ma di qualcosa di più
profondo e trasformativo.
Negli ultimi decenni si è inoltre posta particolare attenzione a un aspetto che è sempre stato centrale
nelle psicoterapie, ma che non era stato sufficientemente esaminato, se non da pochi autori o
soprattutto nei termini di transfert-controtransfert (vedi Psicoanalisi): tale aspetto è
la relazione terapeutica stessa. Semplificando un po': noi tutti siamo concepiti e nasciamo
all'interno di una relazione e viviamo fin dal primo momento all'interno di relazioni (con la madre,
il padre, i fratelli ecc.) Al di là di caratteristiche individuali, genetiche-costituzionali-temperamentali,
la nostra crescita è modellata da tali relazioni. Per certi versi esse possono essere
state buone e soddisfacenti, per altri meno, e aver generato problemi e sofferenza che si protraggono
nel tempo.
La relazione terapeutica sufficientemente buona (per riprendere un'espressione di D.
W. Winnicott, che parla di “madre sufficientemente buona”) può riparare aspetti relazionali
vissuti in maniera negativa: è infatti una relazione in cui il paziente sperimenta accoglienza,
comprensione, fiducia, possibilità di esprimersi per come si è, frustrazioni non eccessive. In cui i
pensieri e i vissuti portati dal paziente vengono accolti dal terapeuta (disponibile, attento, non
turbato da gravi problemi interiori, come può esserlo stato, per esempio, un genitore) e con lui
elaborati in uno scambio continuo e fondamentalmente sereno.
La relazione sufficientemente buona è quella che ci permette di crescere, sia nella vita, sia, anche, in una psicoterapia. È una
relazione che viene “interiorizzata”, che diventa parte di noi e da cui possiamo attingere risorse
psichiche anche quando la relazione non c'è più. È anche per questo motivo che la psicoterapia ha
bisogno di tempo: solo nel tempo tale relazione può essere vissuta e dare i suoi frutti.
© Riproduzione riservata - 10 Ottobre 2014