Questa è una domanda fondamentale. Spesso non è facile confidare pensieri ed emozioni a una
persona che, almeno all'inizio, non conosciamo. Come li tratterà, l'altro? Li giudicherà? E in che
modo?
In primo luogo, è importante sapere che il terapeuta è tenuto al segreto professionale,
come richiesto anche dal Codice deontologico degli psicologi.
In secondo luogo, il paziente potrà avere fiducia nel terapeuta fin da subito perché sa che è
persona competente ed esperta, così come spesso (ma non sempre!) si ha fiducia nel medico
proprio per questi motivi. Ma, com'è facile capire, la componente “relazionale”, nel rapporto con un
terapeuta, è maggiore che in quello con un medico: il terapeuta non cura “semplicemente” una
malattia organica, e deve dimostrare di essere una persona che merita fiducia, grazie alla sua
affidabilità, disponibilità, al suo ascolto rispettoso e alla sua empatia.
Come in ogni relazione, al paziente occorre del tempo per verificare tutto questo, forse più che ad altre persone meno
sofferenti: infatti un disagio psicologico spesso ha come sfondo e origine proprio una mancanza di
fiducia, in se stessi, negli altri. Perciò diventa centrale, nella cura stessa, che il paziente possa
avere fiducia nel terapeuta: ma si tratta, appunto, anche di una meta, non necessariamente
del punto di partenza.
© Riproduzione riservata - 10 Ottobre 2014