"Pensare è un agire a mo' di esperimento con piccole quantità di energia." S. Freud Introduzione alla psicoanalisi.
Seconda serie di lezioni, 1932.
Argomento estermamente ampio, quello della formazione del pensiero, per come lo conosciamo nella specie umana.
Quello che è certo è che il "differimento dell'azione" vi ha un ruolo importante.
L'azione più immediata che conosciamo è quella dell'arco riflesso. Se si stimola una parte del corpo,
si può avere una reazione immediata: come quando - appunto - un medico ci prova il riflesso rotuleo battendoci con un martelletto
sul ginocchio e la nostra gamba scatta in avanti, senza alcuna nostra volontà. In questo caso, lo stimolo percepito
(il battere del martelletto) non è elaborato dal nostro cervello, ma le informazioni passano direttamente dai neuroni
sensitivi a quelli motori.
Ma, come è ovvio, le nostre azioni e reazioni appena un poco più complesse dipendono da una forma di pensiero, magari
non consapevole, e sono dunque elaborate dal cervello.
Quanto può essere importante rimandare o non compiere un'azione, per lasciar spazio al formarsi di un pensiero articolato
(tenendo conto che un'azione può anche essere costituita da una comunicazione, non solo da un'azione fisica)?
Naturalmente, in alcune circostanze (chiaramente, quelle in cui è in pericolo la nostra vita),
una qualche forma di azione immediata è fondamentale (attacco, fuga).
Ma nella vita "normale"?
Spesso il cosiddetto "agito", anziché "pensato", è controproducente. L'agito come forma di contro-reazione
immediata non lascia spazio a valutazioni, a interpretazioni, che possono avere esiti più complessi, più sfumati, più ricchi.
Se l'agito coinvolge un'altra persona, può metterla nella condizione di contro-reagire, senza che, a sua volta, lasci spazio
al proprio pensiero.
A ciò si aggiunge il fatto che l'immediatezza della tecnologia attuale spesso non aiuta il dispiegamento
del pensiero. A volte basta premere un pulsante, lì, a nostra disposizione, per compiere azioni di grande portata e,
magari, di gravi conseguenze.
Teniamolo presente. Il pensiero ha bisogno di tempo, di spazio. Non è detto che l'impulso immediato
sia l'azione giusta, per sé e/o per gli altri.
Aspettiamo un poco, anche prima di mandare un messaggio, una mail, di intervenire in una chat
(vedi anche La comunicazione oggi)
È possibile che rimandare o non compiere un'azione ci generi ansia, ma allora è più utile interrogarsi
sulle cause della nostra ansia.
E può costare fatica, anzi costa fatica: ma è in questa fatica che sta l'"azione di prova" di cui parla Freud:
che dischiude orizzonti molto più ampi e produttivi di quelli angusti della scarica immediata dell'impulso
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